La redazione del bilancio d’esercizio e la predisposizione delle comunicazioni ai principali stakeholders interni ed esterni alla società sono il frutto di analisi congiunte che coinvolgono più aree aziendali; tale interazione è un vantaggio strategico dell’azienda poiché supporta l’analisi approfondita dei dati consuntivi, spiegandone la genesi e potenziali rischi, e costituisce elemento essenziale per la redazione di piani strategici.

È evidente che i dati sono diventati un asset aziendale e la loro genesi, trasformazione e rappresentazione devono far parte di processi e procedure strutturati che culminano con la certificazione della correttezza degli output prodotti.

Il CFO, a supporto del CEO, è la figura che in azienda si occupa di raccogliere i dati, analizzarli, creare una unica rappresentazione; deve comprendere peculiarità del business, dell’area HR, specificità/tensioni della produzione o politiche di acquisto e di vendita per fornire analisi complete dei dati actual e supportare l’elaborazione di strategie.

Inoltre, attraverso la condivisione, il CFO può evidenziare eventuali devianze rispetto al budget o strategia aziendali e condividere azioni correttive tempestive. Non si può prescindere da queste analisi se si parla di governance aziendale, soprattutto in periodi come quelli attuali, caratterizzati da repentini cambiamenti di scenario macro che impattano la vita aziendale; solo analisi tempestive e cross function permettono una corretta visibilità dello stato di salute presente e futuro della struttura.

Abbinata alla conoscenza qualitativa dei diversi dipartimenti aziendali, il CFO oggi deve dotarsi di strumenti che forniscano anche una consapevolezza quantitativa degli eventi con una profondità di analisi sia nel tempo (trend passati) che verticale per ogni area (dal numero macro all’analisi di dettaglio). Il CFO può trovarsi a dover gestire le resistenze dei referenti delle altre funzioni, in questo caso risulta vincente, il completo appoggio da parte del management che dovrà stimolare e coinvolgere il middle management nella definizione di una programmazione chiara di need e tempistiche. Se il change management può essere una sfida per il CFO nella realizzazione di questo progetto, gli strumenti di BI sono sicuramente un valido supporto.

Sono, infatti, in grado di elaborare grandi moli di dati, anche se provengono da fonti e formati differenti, storicizzarli, confrontarli, sintetizzarli. L’azienda si dota, così, di un’unica base dati, condivisa da più enti in cui il dato ha una valenza differente a seconda del punto di vista e contesto, ma è certificato alla fonte dalle analisi di progetto iniziali. Il micro-dato viene aggregato per fornire KPI e dati sintetici al management, ma con la possibilità di avere dei dettagli a livello transazionale per chi deve comprendere la micro motivazione. Soddisfa, in questo modo, diversi stakeholders aziendali sia in termini di funzione che di ruolo all’interno della stessa.

I report non saranno più frutto di elaborazione di molteplici file excel con ricerche di dati tra un file e l’altro, bonifica delle anagrafiche ecc.. riducendo, così, il rischio di errore e, soprattutto, liberando tempo per le analisi. È bene sottolineare che la BI possono essere di varie dimensioni/complessità e possono essere integrati nel tempo. Questo significa che anche le aziende di piccola-media dimensione possono approcciarsi a questi strumenti senza temere extra effort, sia in termini economici che di assorbimento delle risorse interne.

Le grandi aziende, una volta definito un macro progetto globale con l’analisi delle fonti e correlazione delle stesse, può integrare il progetto a step, che solitamente è quello che consigliamo, in base all’esperienza maturata: permette di non appesantire la struttura aziendale e di prendere consapevolezza delle potenzialità dello strumento.

di Katiuscia Marchesan e Massimo Lomen